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Le donne di Ládaan

Vi chiederei, per prima cosa, di presentarvi.

Facciamo tutte parte della Federazione Ládaan nata nel 2016, che riunisce tre associazioni.

  • Patrizia Celotto: "sono qui come rappresentante della Casa delle donne e tesoriera della Federazione Ládaan". 

  • Elena Petricola: "sono presidente dell’Archivio delle Donne in Piemonte e per la federazione Ládaan mi occupo dal 2018 dei progetti per archivi e biblioteche". 

  • Anna Cagna: "ho fatto parte della Casa delle Donne e sono stata per alcuni anni presidente di Ládaan, attualmente seguo la biblioteca e alcune attività sociali della Casa". 

  • Giovanna Cuminatto: "anch’io provengo dalla Casa delle Donne e in Ládaan sono nel comitato di gestione, mi occupo delle biblioteche e seguo una serie di iniziative e progetti". 

  • Ferdinanda Vigliani: "rappresento qui il Centro Studi e Documentazione Pensiero Femminile, fondato nel 1995, che oggi fa parte di Ládaan ed è visibile sul sito delle biblioteche civiche del Comune di Torino. La biblioteca nasce da fondi di biblioteche personali di donne che non ci sono più e hanno lasciato cospicue pubblicazioni in ambito femminista.

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1. Ládaan, insieme alla Casa delle Donne di Torino, si occupa di attività dal punto di vista polico-sociale, quali ?

 

Ci occupiamo di contrasto alla violenza di genere; in particolare, noi che apparteniamo anche alla Casa delle Donne, ci occupiamo di violenza maschile nei confronti delle donne, e abbiamo uno sportello d’ascolto che fa parte della rete del coordinamento Controllo Violenze, che è un organismo cittadino e metropolitano. Dal 1995, la Casa delle Donne ha visto nascere il primo consultorio giuridico in assoluto, con consulenze legali e psicologiche gratuite. Come aspetto sociale sono nati anche dei gruppi di auto-mutuo aiuto per donne. Dal punto di vista politico, Giovanna e Anna hanno preso personalmente parte al movimento femminista degli anni Settanta. Giovanna prende la parola : « Io lavoravo in un’azienda metalmeccanica, come è frequente a Torino, un ambiente prevalentemente maschile, dove le donne erano la minoranza. Da lì abbiamo iniziato a condurre una battaglia femminista sui luoghi di lavoro all’interno del sindacato. A partire da questa battaglia abbiamo poi sostenuto le campagne per l’aborto e il divorzio, fino ad arrivare alla coscienza di dire : abbiamo bisogno di un luogo dove riunirci. E, per ottenere un luogo dove ritrovarci, abbiamo occupato il Manicomio Femminile di Torino nel 1979. Da un punto di vista simbolico, abbiamo occupato un luogo « non a caso », visto che molte delle donne che venivano rinchiuse in questo manicomio avevano tutt’altro che problemi mentali. Grazie al comune, dopo la chiusura del Manicomio, siamo riuscite ad ottenere questa sede per la Casa delle Donne. Anna Cagna racconta la sua esperienza : «Io ho fatto parte di alcuni movimenti politici, poi la mia esperienza si è concretizzata alla Falchera, un quartiere popolare di Torino, dove insieme ad altre donne ho aperto un consultorio auto-gestito. Il movimento dei consultori a Torino è stato molto forte e parallelamente sono nate le manifestazioni per l’aborto libero. Successivamente ho continuato la mia « militanza » femminista, una volta si diceva così, fino ad oggi in Ládaan». La Casa delle Donne, quando nacque, divenne subito un punto di riferimento per le femministe, dal 1979 in poi : era un luogo di coagulo di iniziative e ha fatto convergere molte campagne e raccolte firme. 

 

2. Elena, lei che appartiene, mi sembra di capire anagraficamente, a un’altra ondata di femminismo, vuole raccontarci la sua esperienza di attivismo e come è arrivata in Ládaan ?

 

Io ho un'esperienza di attivismo come femminista queer o transfemminista queer. Inizio ad essere attiva da Genova 2001, e poi con il movimento sommosse che nasce nel 2006 a Roma, città dove vivevo allepoca e dove ho fatto parte di unassemblea di donne che promuovevano una lotta alla violenza, in una prospettiva intersezionale. Attraverso queste esperienze io cresco e promuovo la riflessione femminista legata al mondo queer e al superamento delle identità, poiché sono anche una storica, oltre che archivista. Una volta trasferitami a Torino, ho avuto modo di conoscere e di assistere alla nascita del movimento Non Una di Meno. Lobiettivo di Láè quello di creare, ora ,un ricco archivio, ovvero una memoria dei vari femminismi, a cui noi tutte abbiamo appartenuto, visto che siamo di generazioni diverse. 

 

3. Giovanna, lei ci ha detto di aver appartenuto al movimento del Settanta, cosa ci racconta, quali erano le vostre lotte ?

 

Noi eravamo in posizione critica rispetto all'emancipazionismo. Emancipazione e liberazione erano viste come parole contrarie quasi. Oggi è ovvio che noi possiamo accedere a ruoli come « Presidente del Consiglio », e se vogliamo avere un esempio di donna emancipata, sicuramente possiamo fare il nome di Giorgia Meloni. Se poi sia giusto o meno farsi chiamare « Presidente » al maschile, su questo potremmo farci qualche domanda, perché potremmo chiederci: ma quindi i soli valori, quelli importanti, sono quelli a cui siamo abituati e dunque quelli maschili? Negli anni ’80 e ’90, non era più autocoscienza quella che facevamo io e il mio gruppo, ci eravamo accorte che tirava la stessa aria del momento suffragista. Bastarono la Marcia su Roma e pochi altri eventi nel passato per annullare tutto il lavoro che avevano fatto le suffragette. Mussolini aveva dichiarato : se io concedessi il voto alle donne in Europa mi si deriderebbe, e Baffetto mandò a casa tutte le donne che svolgevano professioni liberali (giudice, avvocato, medico). Nel periodo fascista le allieve non potevano superare il numero di 5 nelle classi. Il brivido che ci corse nella schiena negli anni 80-90 ci portò a voler conservare quello che era il nostro pensiero perché non ci fossero passi all'indietro, volevamo semplicemente conservare i raggiungimenti ottenuti.

 

4. Secondo tutte voi, cultura e prevenzione, possono essere le chiavi del futuro in ambito femminista? Che cosa vuol dire essere femministe oggi ?

 

Il tema da un certo punto di vista non è cambiato. É sempre una ricerca della libertà per la donna. Quello che i governi cercano di fare è un piano di contrasto alla violenza, ma è qualcosa di repressivo, mentre quello che cerchiamo di fare noi è prevenirla attraverso azioni educative che incidano a livello culturale. Carla Lonzi, la principale teorica a cui noi abbiamo fatto riferimento finora, alludeva alluniversità come luogo di scoperta e noi puntiamo attraverso i nostri archivi e biblioteche a far conoscere la cultura delle donne. L’impegno della federazione è stato quello di curvare le istutuzioni al sostegno dei centri privati per poter trovare una casa, un lavoro e un futuro per le vittime di violenza. Noi come Federazione Ládaan siamo accoglienza e cerchiamo di offrire ascolto in un luogo che dà forza alle donne sostenendo la loro autostima.

Elena prende la parola: «Noi lavoriamo alla legittimazione della cultura perché tutto il lavoro svolto non venga sommerso e abbia un’affermazione positiva. Come Archivio delle donne ci occupiamo dell’offerta culturale, sia per chi voglia fare ricerca ma anche per avvicinare un pubblico non specializzato alle reti femministe. Io ho insegnato per diversi anni all’Università di Torino e del Piemonte: il lavoro nelle università e nelle scuole, con la formazione sulla storia delle donne e sul pensiero femminista sono sicuramente delle basi da cui partire.  Credo, inoltre, che la tecnologia sia fondamentale al giorno d’oggi e che più si useranno strumenti in sinergia e non in contrapposizione, più si raggiungeranno obiettivi. L’obiettivo di oggi è quello di andare sempre avanti senza tornare mai indietro, cosa non scontata. E scardinare l’idea che una donna non sia compiuta da sola ma debba essere sempre additata come “madre di”, “figlia di”».

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